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martedì 14 giugno 2011

NETTUNO HA BISOGNO DI UN NUOVO PIANO REGOLATORE GENERALE

Si è svolto recentemente, presso l’Astura Palace Hotel di Nettuno, un interessante convegno promosso dall’Associazione locale degli architetti e ingegneri nel quale è stata presentata la proposta di un progetto per la valorizzazione urbanistica dell’area Loricina che, insieme al Cimitero Monumentale Americano, rappresenta una zona non ancora del tutto compromessa su cui è possibile prevedere un organico sviluppo che salvaguardi il contesto ambientale e restituisca ai cittadini una “porzione del territorio che nella storia urbanistica della città ha assunto un valore strategico di primaria e determinante consistenza”.
Non poteva neanche mancare una critica alla sparizione di quella importante via di scorrimento, o meglio della prevista via di circonvallazione del vecchio e decaduto Piano Regolatore Generale, che avrebbe dovuto attraversare in particolare l’area del Loricina dove oggi incide l’unico tratto superstite, via U. La Malfa. Anche questo tratto è ormai compromesso da insediamenti commerciali ed “altro” che ne hanno aumentato fortemente la pericolosità. Ho già scritto in precedenti articoli che la mancanza di una vera strada di circonvallazione è la causa prima dell’inquinamento e del caos stradale cronico che si verifica nel centro di Nettuno ed in particolare nel lungomare, per cui è urgente rivedere tutto il sistema viario.
È da ritenersi senzaltro positiva la proposta dell’Associazione Architetti e Ingegneri, ma non credo che basti da sola a fare di Nettuno una città “organica” nel suo complesso, in cui il recupero urbanistico si sposi con il rispetto dell’ambiente e la qualità della vita. È stato da molti rilevato che urbanisticamente molte zone di Nettuno sono ormai compromesse a causa dell’abusivismo e da varianti proposte non dall’amministrazione ma dai privati. Sembra che queste vadano molto di moda in quest’ultimo periodo. Per salvare il recuperabile serve un complesso progetto che detti una volta per tutte le linee di sviluppo socio-urbanistico con l’indicazione chiara di quello che la città dovrà essere. Non è più possibile improvvisare. Occorre dire cosa si vuole che Nettuno sia. Se sviluppo turistico deve essere, come si sbandiera ad ogni dichiarazione, si prevedano piani di salvaguardia dell’ambiente e si valorizzino quelle aree da adattare a ricettività ed a servizi turistici. Si proibiscano cambi di destinazione da albergo a residenza, come purtroppo è stato fatto in passato anche recente. In questo contesto si inquadra perfettamente la proposta di valorizzazione del Loricina e del Cimitero Monumentale Americano.
In una città che vuole dare una buona immagine di se stessa è molto importante la parte estetica, cioè urbanistica e architettonica, la quale deve essere funzionale sia alle migliori relazioni interpersonali che alla proiezione di un ambiente turisticamente interessante, bello e piacevole da vivere. Quest’ultima considerazione, insieme ai monumenti, ai costumi e alle tradizioni, ci danno quello che gli esperti chiamano tipologia di turismo culturale che, unito ad altri interessi come il turismo balneare, religioso, ecc., stimola la curiosità intellettuale che fa decidere di visitare una determinata città.
Lo strumento necessario ed urgente per questo tipo di scelta programmatica è un nuovo Piano Regolatore Generale che ponga fine all’anarchia urbanistica che si è venuta a creare con la decadenza dei termini di validità del vecchio PRG che data dall’inizio degli anni ’70.
Attualmente Nettuno non ha uno strumento urbanistico che guidi gli amministratori ad una sana ed equilibrata scelta insediativa, sia per quanto riguarda le infrastrutture che l’edilizia residenziale. La mancanza di regole facilita le varianti proprio la dove una volta esistevano vincoli di verde pubblico e privato.
A sostegno di questa tesi c’è anche un recente documento di Italia Nostra che sottolinea, in particolare, che una città rappresenta un patrimonio prezioso e indispensabile perché sia distrutto e trascurato per interessi privati. La città, con tutto ciò che essa rappresenta, è il frutto di un patrimonio storico e sociale dove si è sviluppata e si svolge la vita e le relazioni umane di una intera comunità. Essa non deriva da un fenomeno spontaneo naturale o esterno a noi stessi ma da una costruzione sociale in cui l’amministrazione comunale deve dettare appropriate regole di sviluppo.
Ho sentito dire che sono in corso gli atti conoscitivi del territorio che rappresentano una prassi obbligata per una successiva ipotesi di sviluppo. Ma per quanto tempo dobbiamo ancora studiare il territorio prolungando lo stato di emergenza che porta inevitabilmente alla sospensione di qualsiasi regola programmatoria, dove prevale la contrattazione imposta dagli interessi privati?
Insomma, occorre al più presto ripensare le linee di sviluppo urbanistico della città di Nettuno con un’accorta pianificazione organica ed ecosostenibile, turisticamente orientata, sia nei servizi pubblici che nelle iniziative private, senza lasciare al caso e alla spontaneità i vari interventi. I piani strategici di cui si parla, che dovrebbero sostituire il PRG, sono molto pericolosi perché perpetuerebbero il sistema di contrattazione dove la prepotenza “danarosa” del privato prevarrebbe sul sistema amministrativo “politicizzato”; inoltre, con un territorio così compromesso sarebbe difficile individuare aree “strategiche” adatte allo scopo, a meno che non si voglia prendere in considerazione l’area del Poligono di tiro(?).
Altra considerazione importante da tener presente è il rispetto dell’ambiente. Tutti noi sappiamo che la città rappresenta un ecosistema artificiale che consuma continuamente risorse naturali ed energia di altri ecosistemi e li trasforma in residui ed emissioni che vanno nell’atmosfera e nelle acque sotterranee e superficiali. Una città rispettosa dell’ambiente è quella che riduce il consumo di beni ed energia, tratta adeguatamente i residui e le emissioni con mezzi sostenibili e “verdi” dal punto di vista biologico. A questo proposito è encomiabile il tentativo dell’Assessorato alle politiche ambientali di realizzare un piano energetico in grado di abbattere la CO2 e produrre energie con fonti alternative. È questo un buon inizio a cui deve seguire il varo del nuovo Piano Regolatore Generale, i cui parametri tecnici sono indispensabile per un equilibrato sviluppo socio-urbanistico organico della città di Nettuno con criteri ecologici ed ecosostenibili.

Pio Trippa

lunedì 18 aprile 2011

NON PIÙ TURISMO POVERO PER IL SISTEMA TURISTICO DELLA COSTA A SUD DI ROMA

Nel precedente articolo abbiamo visto come lo Stato prima e le Regioni poi sono intervenute nell’organizzazione del turismo tenendo presente due momenti fondamentali, lo sviluppo dell’offerta e la promozione della domanda. Mentre la prima veniva lasciata completamente all’iniziativa dei privati, concedendo solo degli incentivi di natura finanziaria, la promozione della domanda veniva affidata alle Aziende di Turismo ed agli Enti Provinciali per il Turismo. Nel 2001, con legge 135, viene ribaltata la concezione statica di organizzazione pubblica nel settore turistico con la istituzione, affidata alle Regioni, dei Sistemi Turistici Locali. Attori principali e responsabili possono sono essere tutte le forze economiche e sociali presenti nel territorio: enti pubblici istituzionali, aziende fornitrici di servizi, operatori commerciali, artigianali, albergatori e, in primis, la popolazione tutta. Si passa così dalle Aziende di sola promozione ad organismi il cui scopo è quello di proporre progetti di sviluppo integrati, coordinati e coinvolgenti tutte le realtà territoriali. Insomma, nell’ambito della pianificazione territoriale si assiste al passaggio da una attività di tipo “funzionale” ad un approccio di marketing territoriale. In tal modo vengono valorizzati tutti i possibili fattori rilevanti dal punto di vista turistico presenti nel territorio attraverso un progetto di sviluppo sostenibile che coinvolga tutte le forze sociali ed economiche, espressione della stessa territorialità. Per far questo occorrono due momenti, l’individuazione e delimitazione delle unità territoriali omogenee e con un’unica identità culturale, nonché la creazione di un organismo locale di rappresentanza dei gruppi di interesse.
Per quanto riguarda l’individuazione di aree omogenee, ritengo che la costa a sud di Roma, compresa gran parte della costa di Latina, incluse le isole Pontine, abbia tutte le caratteristiche per creare, attraverso un progetto di sviluppo, un proprio ed unico marchio in grado di rappresentare tutti i valori ed i beni turistici di questo territorio che, fino ad ora, ha vissuto solo di riflesso della città di Roma, con un movimento turistico di tipo residenziale, di fine settimana ed escursionistico, e quindi non economicamente rilevante.
L’organismo locale di rappresentanza ovvero il STL, una volta ottenuto il riconoscimento dalla Regione Lazio, ai sensi della legge n. 13/2007 citata nel precedente articolo, dovrà partire dall’analisi dell’esistente, rilevando tutte le potenzialità del territorio, verificarne le criticità e proporne il superamento con interventi intersettoriali ed infrastrutturali necessari alla riqualificazione dei servizi dell’offerta turistica. Inoltre, dovrà sostenere, così come richiesto dalla legge regionale, attività e processi di aggregazione e di integrazione tra le imprese turistiche, anche in forma cooperativa, consortile e di affiliazione; sostenere l’innovazione tecnologica dei servizi di informazione e di accoglienza turistica; sostenere la qualificazione delle imprese turistiche e tutelare l’immagine del prodotto turistico locale. Queste incombenze devono far parte di un progetto di sviluppo per un suo conseguente cofinanziamento da parte della Regione Lazio.
Per ottenere questo occorre innanzitutto il riconoscimento, ai sensi della legge 13/2007, della Giunta Regionale. Questo riconoscimento, però, deve essere fatto sulla base di parametri minimi che lo stesso Assessorato regionale al turismo avrebbe dovuto specificare entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della legge. Non mi sembra che questi parametri siano stati fino ad oggi deliberati. Per scuotere in parte l’apatia degli amministratori regionali, credo sia doveroso e responsabile da parte dei Comuni interessati a questo progetto di farsi carico di una proposta unitaria che sappia indicare le aree e le comunità locali che ne potrebbero far parte, con una elencazione dell’offerta ricettiva, alberghiera ed extra alberghiera, di tutte le attrazioni turistiche presenti nel territorio, compresi i prodotti tipici dell’agricoltura e dell'artigianato.
Il territorio di cui stiamo parlando ha in se tutte le potenzialità naturali e culturali per tale tipo di riconoscimento. Solo occorre che per una buona volta le autorità locali prendano atto che è inutile parlare di turismo se non si comincia effettivamente a pensare in termini di marketing territoriale e non vengono coinvolte le comunità locali, intese non soltanto come comunità aperte all’accoglienza turistica, ma anche come insieme di soggetti pubblici e privati chiamati a condividere le scelte di sviluppo turistico e di governo del territorio. Lo strumento da utilizzare sarà un progetto di sviluppo che non significa necessariamente un nuovo ente, ma una nuova organizzazione dell’offerta diretta a realizzare o migliorare il prodotto turistico ed a promuoverlo e commercializzarlo.
Una incontro per giungere alla creazione di un Sistema Turistico Locale fu realizzato lo scorso anno dal Consorzio Turistico Mare di Roma, sponsorizzato dal Comune di Ardea, senza tuttavia nessun risultato concreto. Poi c’è stato un ottimo tentativo di cooperazione tra i Comuni di Pomezia, Ardea, Anzio e Nettuno con il progetto La Costa dei Miti. Esso rappresenta un ideale circuito storico-culturale pre-romano che può senz’altro fungere da marchio per tutta la costa, dalla mitica Lavinia alla Maga Circe. Come patrimonio storico culturale, questo territorio ha ancora molte cose da offrire che vanno dalla preistoria (guerriero di Astura, età neolitica) all’età romana (Antium) passando per il medio evo (Borgo di Nettuno, Ninfa) fino ai nostri giorni (Sbarco di Anzio, Santa Maria Goretti, ecc.). I vari musei gestiti dai comuni ne sono una testimonianza di quante ricchezze culturali sono distribuite su tutto il territorio. Insomma, c’è abbastanza materiale e numerosi monumenti che, se adeguatamente valorizzati e integrati con strutture per il tempo libero (vedi il parco Zoomarine di Pomezia), complementari alla tipologia “spiaggia”, importante come prima motivazione ma non prevalente, possono suscitare forte interesse turistico. Ovviamente, tutto questo patrimonio culturale e paesaggistico non basta per fare della costa una meta in grado di attrarre flussi turistici, occorrono ottimi collegamenti che facilitino i movimenti tra le varie zone e all’interno di esse, servizi turistico-commerciali di buon livello e soprattutto una buona e diffusa ricettività alberghiera accompagnata da una riqualificazione urbana e territoriale. Dopo di che si può parlare della promozione e commercializzazione di tutta l’offerta turistica presente in zona, i cui veri frutti verranno non più da un “turismo povero” come quello che abbiamo ora.

Pio Trippa

POVERO TURISMO O TURISMO POVERO ?

Quali delle due espressioni sia la più calzante per questo nostro importante settore economico e sociale? A parole teniamo molto ad esaltare il turismo come fosse la soluzione di tutti i nostri mali, mentre nei fatti lo bistrattiamo continuamente, sia per incompetenza che per mancanza di volontà, per cui non ci resta che compiangere questo “povero turismo”. Inoltre difficilmente siamo in grado di valorizzare e promuovere adeguatamente ciò che abbiamo di più bello e di più prezioso da offrire al potenziale turista, per cui ci accontentiamo degli escursionisti della domenica e di un turismo molto “modesto” economicamente.
Per ridurre il debito pubblico il settore del turismo è il primo ad essere penalizzato con tagli indiscriminati come per tutte le altre attività della pubblica amministrazione. L’idea che il turismo faccia parte di un’attività imprenditoriale, avulsa dalla cosa pubblica, non riesce ad affermarsi tra I politici, nazionali e locali. Non si riesce a capire che ogni intervento finanziario ed ogni iniziativa promozionale in questo settore non è uno spreco di denaro ma un investimento produttivo. Nell’epoca della globalizzazione dei mezzi di comunicazione non vale più il detto, “tanto i turisti da noi ci vengono ugualmente”. È ora che si comprenda che non basta più il clima, la storia, i monumenti, le opere d’arte e la simpatia degli italiani. La nostra ormai è un’immagine dell’Italia turistica, e non, che si sta sempre più sbiadendo. Non possiamo sempre vivere sulle glorie del passato che, tra l’altro, stiamo distruggendo, e non solo fisicamente (vedi scavi di Pompei).
La domanda è se facciamo ancora in tempo a riguadagnare le posizioni perdute che ci vedevano negli anni ’70 tra i primi ricettori di turismo straniero? Riusciremo a ricreare quell’immagine di un paese interessante da visitare? Per rispondere affermativamente a questa domanda tutti, ad ogni livello istituzionale pubblico e privato, dovranno seriamente intervenire con capacità professionale e azioni immediate e dirette. Occorre ripartire dal territorio e dalla società residente, dove il rispetto dell’ambiente e la salvaguardia del patrimonio storico e monumentale siano fattori imprescindibili per realizzare un turismo sostenibile che valorizzi e non distrugga ciò che abbiamo di più bello da offrire. Ma per far questo dobbiamo avere una struttura responsabile e professionale che presieda alla salvaguardia e alla valorizzazione del territorio con coinvolgimento pubblico e privato. L’amministrazione comunale, con tutti i problemi che ha da affrontare non è certo in grado di svolgere questo ruolo. Ma come dovrà essere questa struttura operativa e quali dovranno essere i suoi compiti per trasformare in meglio la domanda turistica?
Una regressione storica che dimostri quanto nel passato l’Italia fosse all’avanguardia in questo settore è molto utile per individuare il tipo di organizzazione di cui ora abbiamo urgente bisogno. Siamo stati i primi al mondo, nel 1919, a renderci conto dell’importanza della promozione turistica, creando l’Ente Nazionale Industrie Turistiche. Poi, nel corso degli anni si sono succeduti vari interventi che hanno portato alla creazione di organismi pubblici territoriali, come le Aziende di Cura Soggiorno e Turismo (1926) e degli Enti Provinciali per il Turismo (1935). Dopo un nuovo ordinamento del settore nel 1960, ispirato al rispetto delle autonomie locali in attuazione dell’art. 117 della Costituzione, nel 1972, viene operato il trasferimento di tutte le funzioni amministrative alle Regioni, fra le quali la programmazione, lo sviluppo e l’incentivazione del turismo. Quindi, dagli anni ’70 si è assistito ad un continuo decentramento istituzionale che ha portato al trasferimento dei poteri decisionali in materia di sviluppo economico e di pianificazione territoriale dagli organismi di stato agli enti locali. Il settore turistico, così, per il suo stretto rapporto con il territorio ha subito nel corso degli anni varie modifiche istituzionali, che io definirei più “tentativi” di risolvere le mai cessate controversie tra Stato e Regioni circa le procedure di reciproca competenza. Si è assistito da parte delle Regioni, ciascuna per proprio conto e senza alcun tipo di coordinamento, alla creazione di nuovi enti di promozione turistica, di cui in molti casi si è trattato di riconferma delle attribuzioni già svolte dagli enti precedenti. Ciascuna Regione, con tempi e criteri diversi, ha istituito una propria azienda di promozione turistica ed ha delegato ai Comuni ed alle Provincie le varie competenze amministrative e i soli uffici di informazione turistica. Molte Regioni però, compresa il Lazio, non hanno legiferato immediatamente, ma hanno lasciato le vecchie Aziende e gli EPT per molti anni nel “limbo”, impossibilitate ad operare per totale mancanza di mezzi finanziari, in attesa di essere liquidate. Nel frattempo l’attività promozionale, compresa quella all’estero, è stata nelle mani di un Organo prettamente politico, con tutti i suoi limiti di professionalità, come l’Assessorato Regionale al Turismo, le cui decisioni dipendevano dalle preferenze personali dell’Assessore.
Infine, con la legge nazionale 135/2001, nasce l’idea del Sistemi Turistici Locali. Si tratta, come vedremo in un prossimo articolo, di un nuovo modello organizzativo dell’offerta del territorio basato su una nuova concezione di turismo che coinvolge tutti gli attori pubblici e privati dell’offerta turistica.
Non tutte le Regioni però, anche in questa occasione, hanno legiferato nel medesimo modo e tempestivamente. Qualcuna, addirittura, ha ritenuto di non dover istituire i STL, creando invece strumenti organizzativi diversi, pur aventi le stesse finalità. Insomma, come si vede, il caos istituzionale, la mancanza di coordinamento e il lassismo che si verifica tra i responsabili di questo settore, continua ad imperare in un’attività così vitale per l’economia del territorio. Povero Turismo!
Per quanto ci riguarda direttamente, la Regione Lazio solo nel 2007, con legge n. 13, ha istituito una nuova organizzazione del sistema turistico laziale. Tale organizzazione si articola in Sistemi Turistici Locali, Agenzia Regionale per la Promozione Turistica di Roma e del Lazio S.p.A., Servizi di informazione e di accoglienza turistica e Associazioni Pro Loco.
Nel prossimo articolo proporremo la creazione di un Sistema Turistico Locale per la nostra zona costiera a sud di Roma, in grado di ribaltare l’immagine di un “turismo povero”.

Pio Trippa